Spesso ci sentiamo intrappolati, distanti da una vita davvero significativa.
Riempiamo le nostre giornate di azioni che appaiono vuote e meccaniche.
Cosa può darci la forza per spezzare le catene di un'esistenza priva di senso?
Ci sono delle persone che sembrano avere dei superpoteri, individui che riescono a spingersi oltre ogni limite, tipo quelli dei fumetti ma in versione reale. Mentre noi altri qui facciamo una fatica boia anche solo per alzarci dal divano - che poi, se ci pensiamo bene, è già un'impresa degna di nota per la maggior parte di noi.
E quindi, noi cosa pensiamo? Che questi individui "speciali" abbiano chissà cosa: muscoli da palestra, cervelli da geni, conti in banca svizzeri, o magari un talento che gli è piovuto dal cielo come la manna. Sì, ok, queste cose aiutano, non dico di no. Ma vi svelo un segreto: non è quello che fa la differenza vera.
La differenza vera sta nei "perché". Ecco, quelli sono i veri superpoteri.
È quello che divide il mondo in due: quelli che continuano a picchiare duro anche quando tutto va a rotoli, e quelli che al primo ostacolo si ritirano in buon ordine verso il divano.
Pensate a Nick Vujicic - un ragazzo nato senza braccia e senza gambe, che a me già solo pensarci mi viene l'ansia. Lui ha deciso che il suo perché era ispirare gli altri. Stephen Hawking, con quella malattia terribile che se la chiami per nome ti viene pure male, ha continuato a studiare l'universo perché amava la conoscenza più di quanto odiasse la sua situazione. Helen Keller - sorda e cieca, e nonostante tutto si è laureata. Io che ci vedo benissimo e ci sento pure troppo, ancora sto cercando di capire come funziona il microonde.
Queste persone ci dimostrano che le motivazioni sono come il motore della macchina: se non ce l'hai, puoi anche avere la carrozzeria più bella del mondo, ma rimani fermo al parcheggio.
Ora, diciamoci la verità: la vita, a volte, fa proprio schifo. Non è che possiamo fare finta di niente e dire "eh ma dai, tutto bellissimo". No, la vita ogni tanto ti tira dei cazzotti che neanche Mike Tyson nei suoi giorni migliori. Ma il punto non è questo. Il punto è che quando hai un perché che ti brucia dentro come quando mangi la 'nduja piccante, anche le cose più brutte diventano benzina per andare avanti.
Nietzsche - quello con i baffoni che faceva paura anche ai barbieri - aveva detto una cosa giusta: "Chi ha un perché abbastanza forte può superare qualunque come". E aveva ragione da vendere, quel tedesco.
Ma attenzione, perché non tutti i perché sono uguali. Alcuni sono deboli come una scusa per non andare a lavorare il lunedì mattina: "No, guarda, non posso venire, ho mal di testa da weekend". Altri invece ti farebbero scalare l'Everest in ciabatte e canottiera.
Vi faccio un esempio pratico. Mettiamo che avete due studenti. Uno studia per fare bella figura con il curriculum, magari per postare su LinkedIn "Ho preso 110 e lode, grazie a tutti per i like". L'altro studia perché vuole diventare medico e curare la malattia di sua madre. Secondo voi, chi dei due non mollerà mai, neanche quando gli esami si faranno impossibili e i professori sembreranno venuti direttamente dall'inferno?
La verità è che siamo tutti potenzialmente degli eroi. Sì, anche voi che state leggendo questo mentre mangiate patatine sul divano. Siamo capaci di cose che vanno oltre quello che pensiamo di poter fare. Serve solo trovare quel perché che ti fa tremare le ginocchia dalla paura, ma ti costringe lo stesso ad alzarti ogni mattina e lottare come un gladiatore nell'arena.
E non è mica facile, eh. Perché oggi siamo tutti ossessionati dai "come". Come fare più soldi, come fare colpo su quella persona, come fingere di avere tutto sotto controllo quando invece stiamo navigando a vista peggio di Colombo. È tutta una gigantesca distrazione dalla domanda che ci terrorizza più di un film horror: perché stiamo facendo tutto questo?
È arrivato il momento di smetterla di raccontarci balle. Guardiamoci allo specchio - non quello del bagno dove ci piacciamo di più per via della luce soffusa - e chiediamoci cosa vogliamo veramente. Sì, farà male.
Ma quando troviamo i nostri veri perché, non quelli finti che vanno bene per Instagram, tutto cambia. Non stiamo più cercando di tappare i buchi della nostra esistenza come idraulici improvvisati. Stiamo finalmente costruendo qualcosa che ha senso.
Quando troviamo i nostri perché, è come quando metti gli occhiali dopo anni che andavi in giro senza: tutto prende una forma diversa, più nitida. Hai una direzione, una connessione emotiva vera, un senso profondo che prima non c'era.
Senza uno scopo vero, anche alzarsi dal letto diventa un'impresa degna di una medaglia olimpica. E non è che siamo pigri - è che il nostro cervello, che non è stupido, sa benissimo quando stiamo fingendo. È come cercare di fregare un cane: non ci riesce mai.
Quello che conta non è solo quello che facciamo - che magari facciamo tutti le stesse cose, più o meno - ma perché lo facciamo.
È questo che ci definisce veramente, non quella maschera che mettiamo quando usciamo di casa per far colpo sugli altri. È quello che ci tiene in piedi quando la vita decide di prenderci a schiaffi. E credetemi, prima o poi lo farà. È una sua abitudine.
Ok, magari non troveremo mai il mega-perché definitivo che risolve tutti i misteri della nostra esistenza come in un film di fantascienza. Ma ci sono tanti piccoli perché nelle cose di tutti i giorni che possono rendere la nostra vita migliore.
Impariamo a fare come i bambini piccoli, che ti tempestano di domande fino a quando non ti viene voglia di scappare in Tibet. Perché stiamo rovinandoci la salute per quel lavoro che ci fa schifo? Perché abbiamo scelto quella facoltà all'università? Perché continuiamo a fare sempre le stesse cose come criceti sulla ruota?
Chiedersi perché è come fare le pulizie di casa, ma nella testa.
Ci libera da tutte quelle storie che ci raccontiamo in automatico e da quelle aspettative che gli altri ci hanno messo in testa senza neanche chiedere il permesso. Così, forse, inizieremo a fare le cose perché le vogliamo davvero, non perché "si fa così" o perché qualcuno ci ha detto che è giusto.
In fondo, è attraverso i nostri perché che impariamo a conoscerci meglio. E ogni volta che troviamo una risposta onesta - non quella che suona bene, quella vera - ci avviciniamo un po' di più a quel perché che può rendere la nostra vita straordinaria. O almeno, un po' meno ordinaria.
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Tag: Chiedersi perché, Azione consapevole, Scopo della vita, Motivazione
Negli ultimi dieci anni ho affrontato con passione diverse sfide personali e imprenditoriali, spinto dal desiderio di vivere con intenzione e non schiavo della routine. Miro ad essere sempre più padrone del mio tempo e consapevole delle mie scelte.
Sono l'autore delle Pillole di Consapevolezza, un progetto che incarna questo percorso di crescita e riflessione.
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