Siamo prigionieri delle storie che ci raccontiamo, gabbie invisibili costruite dalla nostra mente.
I nostri schemi mentali offuscano la vera percezione di noi stessi e del nostro potenziale.
Possiamo ancora riscrivere la nostra storia, liberandoci dalle convinzioni che ci tengono ancorati?
Ci ripetiamo, come un mantra, "non posso", "non valgo abbastanza", "sono un fallito".
Siamo prigionieri dei nostri pensieri, intrappolati nella paura di sfidarli. Sapete perché? Perché sfidarli significa esporre le nostre fragilità, ammettere che potremmo non essere all’altezza delle nostre aspettative o, peggio ancora, di quelle degli altri.
Così finiamo per accettare la sicurezza della mediocrità, pur di non affrontare una verità che potrebbe farci più male.
Siamo schiavi delle storie che ci raccontiamo ogni giorno, storie che alla fine ci definiscono: "Non sono abbastanza bravo", "Non ce la farò mai". Frasi che si ripetono nella nostra mente, ma che non sono altro che supposizioni, trasformate da noi in salde convinzioni.
Le nostre (vere) possibilità vengono soffocate dai limiti che ci imponiamo.
Ma fermiamoci un attimo: Chi ha scritto questa storia? Chi ha deciso che doveva andare così? Sono stato io? Sono stati gli altri?
Vedete, siamo maestri nel raccontarci storie che ci limitano e siamo altrettanto bravi a credere a tutto ciò che gli altri dicono su di noi, soprattutto quando ci sentiamo vulnerabili e insicuri.
Ma la verità è un'altra: quelle non sono verità assolute, sono catene. Catene che ci tengono legati a una condanna certa: non vivere la vita che desideriamo.
Quando ho iniziato a scrivere di consapevolezza e crescita personale, non avrei mai immaginato di ottenere i risultati che vedo oggi. Non pensavo di trovare la motivazione e la costanza per scrivere ogni settimana, né di trovare un pubblico di persone che mi seguisse con affetto e costanza. Non pensavo di esserne capace e di meritarlo.
Gran parte del mio lavoro quotidiano è un universo asettico di logica, numeri e codice. La scrittura era un'oasi che credevo destinata ad altri, non a me. O almeno di questo ero convinto.
Ma cosa ha fatto crollare questo muro di convinzioni, permettendomi di riscrivere un capitolo della mia storia e smentire quel cinico pronostico?
È stato il cambio di prospettiva. Perché il vero ostacolo da superare era il modo in cui vedevo me stesso. No, non ero uno scrittore, e forse non lo sarò mai, ma chi aveva deciso che non potessi comunque condividere i miei pensieri attraverso le parole?
Riscrivere la propria storia parte dal credere di poter essere diversi.
Quindi, iniziamo a raccontarci storie nuove, storie che ci diano il coraggio e la motivazione per costruire il futuro che immaginiamo. Invece di dirci "Sono un fallito", proviamo con "Non è andata come speravo, ma ho imparato qualcosa di prezioso". Invece di pensare "Non sono capace", diciamo a noi stessi: "Devo provare, imparare e migliorare. Pian piano ce la farò!".
La storia che ci raccontiamo è la storia che siamo destinati a vivere.
Se ci convinciamo che siamo destinati a fallire, indovinate? Falliremo. Ma se iniziamo a immaginare una storia di successo, a quel punto cominceremo a vedere opportunità dove prima c’erano solo ostacoli.
Non basta pensare di essere capaci per riuscirci, questo è chiaro. Ma perché pensare di non esserlo affatto? Quello sì che ci rende incapaci, anche quando in realtà abbiamo tutto il potenziale per farcela.
Quindi, da oggi, facciamo attenzione alle storielle e alle scuse che ci raccontiamo. E quando ne riconosciamo una che ci sta sabotando, fermiamoci e riscriviamola per bene. Lo stesso vale per ogni esperienza negativa che attraversiamo nella vita.
Non siamo prigionieri delle storie del presente, né tantomeno di quelle del passato. Siamo gli autori. E come tali, ogni giorno abbiamo il potere di scrivere un nuovo capitolo che ci accompagni al finale che abbiamo immaginato.
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Lavoro nel mondo digitale.
Negli ultimi otto anni ho intrapreso numerose sfide personali e imprenditoriali. Ogni giorno mi impegno affinché la mia quotidianità sia il riflesso del mio desiderio e non una passiva routine. Miro ad essere sempre più padrone del mio tempo e consapevole delle mie scelte.
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