Siamo prigionieri delle storie che ci raccontiamo, gabbie invisibili costruite dalla nostra mente.
I nostri schemi mentali offuscano la vera percezione di noi stessi e del nostro potenziale.
Possiamo ancora riscrivere la nostra storia, liberandoci dalle convinzioni che ci tengono ancorati?
Vi siete mai chiesti perché facciamo così tanta fatica a dire "ci provo"? Perché davanti a una sfida la prima cosa che ci viene in mente è trovare una scusa per non provarci nemmeno?
È come se avessimo paura del nostro stesso potenziale. Sì, avete capito bene: abbiamo più paura di scoprire che forse ce la potremmo fare, che di rimanere dove siamo.
Perché lo facciamo? Semplice. È un meccanismo di protezione. Se non provo mai, non posso fallire. Se non mi metto alla prova, non rischio di scoprire che magari non sono bravo come pensavo. È più comodo convincersi di essere scarsi e rimanere fermi, che provare e rischiare di prendere una delusione. Almeno così l'orgoglio resta intatto. È una trappola perfetta: ci proteggiamo dal dolore del fallimento, ma ci condanniamo a una vita di rimpianti.
Il problema è che alla fine diventiamo schiavi di queste storielle che ci raccontiamo. "Non sono abbastanza bravo", "Non ce la farò mai". E queste non sono verità, eh. Sono supposizioni. Ma noi le trattiamo come fossero il Vangelo.
E così le nostre vere possibilità finiscono soffocate dai limiti che ci imponiamo da soli.
Ma fermiamoci un secondo. Chi ha scritto questa storia? Chi ha deciso che doveva andare così? Sono stato io? Sono stati gli altri? Perché, vedete, siamo bravissimi a raccontarci storie che ci limitano. E siamo altrettanto bravi a credere a tutto quello che gli altri dicono su di noi, soprattutto quando ci sentiamo fragili. Ma quella non è la verità. Sono catene. Catene che ci tengono legati a una condanna certa: non vivere la vita che desideriamo.
Quando ho iniziato a scrivere di consapevolezza, non pensavo di arrivare dove sono arrivato. Non pensavo di trovare la costanza, la motivazione. Non pensavo di trovare gente che mi seguisse con affetto. Sinceramente, non pensavo di esserne capace. Il mio lavoro quotidiano è fatto di numeri, codice, logica. La scrittura mi sembrava roba da altri, non da me.
Ma cosa ha fatto crollare questo muro? Il cambio di prospettiva. Perché il vero ostacolo ero io, il modo in cui mi vedevo. No, non ero uno scrittore, e forse non lo sarò mai. Ma chi aveva detto che non potevo condividere i miei pensieri attraverso le parole?
Riscrivere la propria storia parte dal credere di poter essere diversi.
Quindi iniziamo a raccontarci storie nuove. Invece di "Sono un fallito", proviamo con "Non è andata come speravo, ma ho imparato qualcosa". Invece di "Non sono capace", diciamo "Devo provare, imparare, migliorare. Piano piano ce la farò".
La storia che ci raccontiamo è la storia che siamo destinati a vivere.
Se ci convinciamo che siamo destinati a fallire, indovinate un po'? Falliremo. Ma se iniziamo a immaginare una storia di successo, cominceremo a vedere opportunità dove prima c'erano solo ostacoli.
Non basta pensare di essere capaci per riuscirci, questo è ovvio. Ma perché pensare di non esserlo affatto? Quello sì che ci rende incapaci, anche quando abbiamo tutto il potenziale per farcela.
Allora da oggi facciamo attenzione alle storielle che ci raccontiamo. E quando ne riconosciamo una che ci sta sabotando, fermiamoci e riscriviamola per bene. Non siamo prigionieri delle storie del presente, né di quelle del passato. Siamo gli autori. E come tali, ogni giorno abbiamo il potere di scrivere un nuovo capitolo che ci porti al finale che abbiamo immaginato.
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Tag: Credenze limitanti, Affrontare le sfide, Cambiamento, Consapevolezza
Negli ultimi dieci anni ho affrontato con passione diverse sfide personali e imprenditoriali, spinto dal desiderio di vivere con intenzione e non schiavo della routine. Miro ad essere sempre più padrone del mio tempo e consapevole delle mie scelte.
Sono l'autore delle Pillole di Consapevolezza, un progetto che incarna questo percorso di crescita e riflessione.
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