Morire non è sempre una questione di respiri.
Ogni scelta mancata, ogni paura che ci blocca, ogni abitudine che ci spegne può essere una piccola morte.
Vogliamo morire lentamente o rischiare per vivere pienamente?
Oggi voglio parlarvi della morte, ma non quella che pensate voi, quella con il medico che spegne le macchine e i parenti che piangono. No, quella la conosciamo tutti. Io vi voglio parlare dell'altra morte, quella che non fa rumore, quella che non esce sui giornali.
Perché vedete, c'è gente che muore tutti i giorni pur continuando a respirare. E non sto scherzando, eh. Guardate in giro: quante persone conoscete che sono esattamente identiche a dieci anni fa? Stesso lavoro che odiano, stesse lamentele, stessa faccia da funerale quando li incontrate al supermercato. Ecco, quelli sono morti. Morti e sepolti, solo che nessuno gli ha detto di smettere di camminare.
Ma chi glielo dice a uno che è morto? Chi ha il coraggio?
Perché poi quello si offende: "Ma che dici, io sto benissimo!" Sì, come no.
E sapete qual è il bello? Che questo genere di morto qui, ce la scegliamo noi. Con le nostre mani. Ogni mattina ci svegliamo e diciamo: "Oggi faccio esattamente quello che ho fatto ieri, perché almeno so com'è". Che è un po' come dire: "Oggi mi sparo un'altra volta al piede, perché almeno so dove fa male".
Ve li immaginate questi? Si alzano, guardano la sveglia che suona da vent'anni alla stessa ora, si mettono la stessa camicia - che ormai è più un atto di fede che un capo di abbigliamento - e si dicono: "Perfetto, sono ancora vivo". No, amico mio, tu sei in modalità risparmio energetico.
E poi ci sono le coppie, madonna le coppie! Le vedete al ristorante? Lui con il telefono, lei che conta i chicchi di riso nel piatto. Si parlano con l'entusiasmo di due che stanno compilando la dichiarazione dei redditi. "Come è andata la giornata?" "Bene." "Che hai fatto?" "Niente." Ecco, quelli lì hanno un matrimonio o un contratto telefonico? Perché almeno il contratto telefonico ogni due anni lo rinnovi.
Ma il problema, il vero problema, siamo noi. Noi che passiamo tre ore al giorno a guardare cosa fanno gli altri su Instagram invece di fare qualcosa noi.
È come stare alla finestra a guardare la gente che vive mentre tu conti le macchine che passano. "Guarda che bella vita che fa quello!" Sì, e tu che fai? Guardi. Sempre li, dietro il vetro, come un pesce nell'acquario che sogna l'oceano.
E quando arriva il momento di rischiare qualcosa, di fare un passo avanti, che succede? "No no, io non sono capace." Ma capace de che? Di vivere? È l'unica cosa che devi saper fare! È come dire "non sono capace di respirare". Beh, allora hai un problema serio, eh.
La paura, ecco il nemico. La paura che ci tiene incollati alla sedia come se sotto ci fosse una bomba. "E se sbaglio?" E se sbagli che è? Il mondo finisce? No, continua a girare, solo che tu hai imparato qualcosa. Ma noi no, noi preferiamo rimanere fermi. È più sicuro. Come rimanere in casa durante un temporale. Sì, non ti bagni, ma non vedi mai l'arcobaleno.
Allora, vi spiego io come si fa a risuscitare. Prima cosa: guardate la persona che amate come se non la conosceste. "Ma come, la conosco da vent'anni!" E proprio per questo! Dopo vent'anni la guardate come si guarda il frigorifero: sai già cosa c'è dentro senza aprirlo. Invece apritelo, questo frigorifero, che magari c'è qualcosa di nuovo.
Seconda cosa: il caffè del mattino. Lo bevete correndo come se fosse una medicina. Ma è caffè! È una delle poche cose belle che abbiamo inventato noi umani. Assaggiatelo, sentite l'odore. Fate finta che siete degli alieni che vedono il caffè per la prima volta. "Che strana bevanda nera e amara che però mi fa stare bene." Ecco, così.
E poi, fate qualcosa che vi spaventa. Non dico di buttarvi dal ponte, eh. Dico quella telefonata che rimandate da sei mesi. Quel viaggio che "eh, quando avrò i soldi". Quel corso che "eh, quando avrò tempo". Ma quando? Quando sarete morti? "Guarda, adesso che sono morto finalmente ho tempo per imparare il pianoforte!"
Il cuore, sapete, è un muscolo stupido. Pompa sangue senza sosta, giorno e notte, da quando nascete a quando morite. Non va in ferie, non fa ponti, non dice mai "oggi no, non me la sento". E noi come lo ripaghiamo? Stando fermi. È come avere una Ferrari e usarla per andare a comprare il pane dal panettiere sotto casa.
Non servono mille motivi per ricominciare a vivere. Ne basta uno. Uno solo.
Che ne so, il profumo della pioggia. Il sorriso di un bambino che non conosci. La canzone che ti fa venire la pelle d'oca. Quello è il motivo. Il resto sono scuse.
E amate, per l'amor del cielo, amate! Non con la paura di chi ha paura di perdere, ma con la gioia di chi ha capito che l'amore è l'unica cosa che vale la pena.
"E se poi mi lascia?" E se poi non ti lascia? "E se soffro?" E se godi? Ma sempre a pensare al peggio! È come comprare l'ombrello perché forse domani piove e poi non uscire mai di casa.
Sapete qual è la vera tragedia? Non è quando il cuore si ferma. Quello è naturale, succede a tutti, anche ai più bravi. La tragedia è arrivare a quel momento e rendersi conto che non hai mai vissuto davvero. Che hai passato la vita in sala d'aspetto, aspettando che iniziasse lo spettacolo. E invece lo spettacolo era già iniziato, eravate voi che guardavate dalla parte sbagliata.
Come diceva una che ne sapeva più di noi: "Essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare." E aveva ragione. Respirare lo fanno tutti. Vivere è un'altra storia.
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Tag: Vivere pienamente, Vivere il presente, Sconfiggere le paure, Nuovo inizio
Negli ultimi dieci anni ho affrontato con passione diverse sfide personali e imprenditoriali, spinto dal desiderio di vivere con intenzione e non schiavo della routine. Miro ad essere sempre più padrone del mio tempo e consapevole delle mie scelte.
Sono l'autore delle Pillole di Consapevolezza, un progetto che incarna questo percorso di crescita e riflessione.
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